giovedì 4 ottobre 2012

Oggi, diciotto anni fa



Oggi, diciotto anni fa, imparai una cosa importante. Una grande verità che mi avrebbe accompagnata per tutta la vita.
I bambini, quando sono appena, appena, nati non sono affatto carini. Anzi. Direi piuttosto che sono bruttini. Tendenti alla mostricciattolaggine.

E così, sempre diciott’anni or sono, feci l’esperienza di quello che forse è stato il mio primo, grosso, senso di colpa. Ovviamente non avevo il coraggio di dirlo a nessuno ma mi sembrava che questa nuova sorellina, nata meno di un’ora prima, assomigliasse fortemente a E.T., l’extraterreste. Il testimonial della Telecom, per intenderci. Ero entusiasta  di smettere di  essere figlia unica  - beata incoscienza – però, dannazione, io mi aspettavo un neonatino da pubblicità, non ero preparata a questa specie di “cosa”.
Fortunatamente imparai anche che nel giro di poco la faccia si sistema (anche se non sempre, e non a tutti) e col tempo è diventata la bambina più bella del mondo. E lo dico in modo del tutto oggettivo. A volte penso che probabilmente nemmeno i miei più che eventuali figli potranno mai essere altrettanto carini. Questo a meno che non li faccia con Paul Walker. Perché poi è tutta questione di trovare materiale genetico acconcio, in fondo.

Ora in effetti potrei parlare di lei. Dire che è la più grande rompicoglioni che la Terra abbia mai ospitato. Che la gente pensa sempre che la sorella rompicoglioni sia io, ma no.. Si sbaglia. Potrei dire che è suscettibile e permalosa. Che a casa mia si può prendere  in giro chiunque ma lei sempre con molta moderazione. Che non chiude mai la bottiglia dell’acqua quando si alza da tavola. Che studia con Mtv di sottofondo e cellulare e I-pod in bella mostra sul tavolo e poi si lamenta che "non so niente" prima delle interrogazioni. Che raramente spegne la luce, o la tv o qualsiasi altra apparecchiatura elettrica o elettronica quando esce da una stanza. E che tutto ciò mi obbliga a fare la vecchia barbogia con frasi tipo: “Certo che ogni tanto la luce potresti anche spegnerla, le bollette mica si pagano da sole!”, “Abbassa un po’ il volume!”, “Come fai a studiare sul divano con la tv accesa?!?”, e le immancabili: “No questo è anche inutile che te lo provi, tanto non ti ci mando in giro! I tacchi sono troppo alti/il top è troppo scollato/la gonna è troppo corta”.

Suppongo che se fossi presa bene potrei anche dire che è la mia migliore amica, che è l’unico essere umano che mi può dare punti in fatto di musica, l’unica con cui posso commentare i testi di Taylor Swift, l’unica altra persona che adora Oscar de la Renta quanto Bucky Kentucky. E poi è buona, è intelligente e si fa benvolere. E cosa non da poco, quando le sue amiche sono a casa nostra, o in giorni come questi ultimi in cui le sto sentendo più volte al giorno per organizzare “un paio di cose” per la sua festa di compleanno, mi sento tanto Amy Poehler  in versione madre di Regina George. Tuta di ciniglia rosa a parte.
Che spesso voglio bene alle persone anche in base a come interagiscono con lei. Oggi, ad esempio, amo letteralmente i miei amici che le hanno fatto gli auguri, con una menzione speciale all’uomo che se ne è ricordato perfino ieri sera e mi ha scritto per augurarci una buona “vigilia”. (La proposta di matrimonio è sempre valida. Anche se so che c'è concorrenza. Però vuoi mettere una bionda con una mora?!?) Anni fa invece vederla offrire la sua brioche, l'ultima alla marmellata, ad un povero tonto mentre facevamo tutti e tre colazione in bar lo fece salire nelle mie simpatie. La ritengo perciò personalmente responsabile dei miei errori sentimentali con il suddetto elemento. (Lei e la mora di cui sopra)

E so che può sembrare brutto da dire, per certi versi, ma se un giorno dovessi avere una famiglia mia, non credo che potrei mai metterla al primo posto. Non credo che la mia famiglia potrebbe mai avere la precedenza su di lei. E se questo un giorno dovesse diventare fonte di litigi o discussioni con mio marito, beh allora spero tanto che sia molto, molto ricco. Così con l’accordo prematrimoniale che avrò sapientemente stilato mi porterò via metà del suo patrimonio e mia sorella ed io passeremo il resto della vita ai Caraibi a spese sue, in costume, sulla spiaggia, sorseggiando Margaritas e facendoci sventagliare da due giovani ed aitanti abitanti del luogo.

Insomma potrei  dirvi tutte queste cose ma non lo farò. Voglio solo dire che per quanto abbia ormai diciotto anni, per quanto quest’anno possa diplomarsi e prendere la patente, per quanti corteggiatori più o meno sani di mente possa avere (e qua mi sa che ha preso da me, purtroppo), per me, le proporzioni saranno sempre quelle di quel  giorno. Il primo e unico in cui, per me, le parole Per sempre abbiano avuto un senso.






Detto questo, vorrei solo precisare un’ultima cosa. Un dettaglio.
A 18 anni si cresce, è vero. Si diventa maggiorenni. Si può guidare. Si può votare. Le regole cambiano.
Ecco. Però... Finché vivrai sotto il mio stesso tetto, coprifuoco alle 20h45.
Niente tatuaggi.
Niente piercing.
Niente droghe.
Alcool sì, però. Ma possibilmente in mia presenza. E comunque con moderazione e classe. Niente cocktail strani, niente roba dolciastra. A casa nostra o si beve bene o non si beve.
Niente uomini prima dei quarant.. vabbé, voglio essere moderna, 35 anni. E non si tiene per mano un ragazzo prima di essere sposati.
E poi “devi sempre farmi sapere dove sei. Specialmente quando indossi le mie scarpe”. Che comunque hanno tutte i tacchi troppo alti per te che sei piccola.