[Post scritto sotto ricatto alcolico-affettivo. Non teniamone conto.]
Se state leggendo queste righe, significa che sono ancora viva. E l'idea che un certo numero di persone possano sentirsi estremamente deluse da questa affermazione mi rallegra non poco.
Dicevo. Ieri ho fortemente temuto per la mia incolumità a causa di un invito a cena che, con discrezione, ho provato a dirottare verso il ristorante messicano. Purtroppo, con zero risultati. Sì, perché una mia amica, che ha sempre presentato difficoltà psico-motorie (ma più psico che motorie) anche nell’arrotolare del prosciutto crudo su un grissino, adesso, con 75 gradi all’ombra e l'umidità al 130%, si è convertita all’uso dei fornelli, prima considerati niente più e niente meno che singolari oggetti d'arredamento.
Malgrado grosse remore, e perché poi "fondamentalmente, io sono buona", ieri sera, con la morte nel cuore e dopo aver fatto testamento, ho trascinato i miei tacchi 12 fino a casa sua per fare il mio sporco dovere di amica. Insomma, amica… conoscente, più che altro. E l’ho fatto solo dopo essermi premurata, sempre con la discrezione che mi contraddistingue, di farmi dire chi avrebbe partecipato alla serata. Per fortuna dell’antipaticissima padrona di casa, c’erano anche la ragazza più cool dell’intero campus universitario (e che per prepararmi al mio prossimo fidanzato, che si firma con la sola iniziale, chiameremo C.) e il ragazzo più carino della città. Armata di tequila nella vana speranza di riuscire a portarmelo a casa, e di un tris da bere per intrattenere la truppa, arranco verso il patibolo.
In tutta onestà però sono ancora qui a raccontarlo, segno che, tutto sommato, non c’era niente di tossico. Tranne una cosa. Una nuova droga. (E non sei tu, Luke. Tu sei quella vecchia, ormai!) E tra questa, e una scottante rivelazione su usi e costumi di una nostra vecchia conoscenza, penso che non dormirò tipo mai più.
In origine doveva essere un sorbetto alla menta.
Solo che non si è ghiacciato del tutto. Anzi. Non si è ghiacciato affatto.
Ed è stato fatto con 500 grammi di zucchero per ogni singola goccia d’acqua. La consistenza del miele e il sapore della menta. E dopo l’ammutolimento iniziale, dovuto al suicidio di massa delle papille gustative, e il comune, tacito accordo di desistere, ci abbiamo preso gusto. Perché era talmente oltre, talmente immondo, che C. ed io non potevamo resistere. A piccolissime dosi, col bordo del cucchiaino, lei inizia ad assaggiare questa specie di orrido blob ("però di gusto è buonissimo, eh!") ed io non posso essere certo da meno, cavolo! E così ti assuefai e scivoli in un mondo di incoscienza. E vai avanti, come quando guardi un film orrido e te lo vedi fino alla fine, per testare i tuoi limiti fisici. Sei nel tunnel, e cominci a usarlo come doping durante i tornei di tris, a suon di “è terribile!!” e smorfie orrende. Perfino Alex Schwazer ci condannerebbe moralmente. Il nostro uomo se ne chiama fuori. La padrona di casa insiste perché si smetta di ingurgitare la sua stessa creazione. “Perché continuate a mangiare, se fa così schifo?” Beh, intanto non faceva schifo. Era…oltre al concetto di schifo. Di buono e cattivo. Oltre a quello di bene e male, giusto e sbagliato, bello o brutto. Di “brillante bionda naturale” o “stupida tappa malefica con zero senso dello stile”. Oltre a “persona che sa leggere e scrivere” o “brutta capra carnica”. E quindi vai avanti, catturata, ammaliata dall’impossibilità di collocarlo e classificarlo nella sezione deputata ai ricordi alimentari del tuo cervello.
E poi, anche lei, dà una seconda possibilità alla sua creatura. Ed è l’inizio della fine. Indice glicemico alle stelle. Parte in caciara. Tutti fuori controllo. Propongo di giocarsi l’unico uomo presente al torneo di tris. Si scoppia in risate fragorose quando io suggerisco che il fidanzato di un’amica debba per forza avere doti nascoste, altrimenti “perché mai una dovrebbe stare con lui?” e il nostro amico, piccino, carino, in un attimo di dolce ingenuità, risponde “Per amore?”. Non ridevo così forte dal 1997. Poi ovviamente arriva il turno dello stalking. Pose artistiche di stupide e sciatte idiote, nuove relazioni di gente che.. sì, insomma, di gente, pubblica lettura di brani di vera poesia, primi passi verso una mia personalissima vendetta (ti voglio bene C. Partners in Crime 4ever!<3) e commenti acidi sul semi-fasullo curriculum di qualcuno. Ad un certo punto stavamo parlando di organizzare una “tratta dei bianchi” ma non ricordo più a proposito di chi.
Gli unici momenti di puro dramma sono stati l’abbordare il discorso “De Rossi vicino al Manchester City” e lo scoprire che Alessandro Borghese è sposato. Sposato. Ci sono rimasta male. In più entrambi, mi è stato fatto notare, stanno con bionde con gli occhi azzurri. Dovevo muovermi prima, accidenti alla mia dannata pigrizia!
Insomma. Alla fine ho dovuto ripiegare e lasciare la serata con il nostro astemio amico, anche se, come abbiamo detto ieri sera, non è niente che non si abbia già visto tutte quante.. E mi dispiace dover notificare alle altre che dopo il mio passaggio ne rimangono solo le ossa. Però nel corso della serata gli abbiamo insegnato a fare i cuoricini su facebook per cui me ne aspetto un certo numero, domani, in bacheca!
E il titolo? Lo so, non trova riscontro. Mi è stato detto: “tu scrivi, che noi capiamo.”
E siccome, purtroppo, capisco anch’io, rabbrividisco e so che non dormirò mai più.
Grazie per aver sentito il bisogno di condividere queste informazioni con noi, brutta stronza.