Oggi, diciotto anni fa, imparai una cosa importante. Una grande verità che mi avrebbe accompagnata per tutta la vita.
I bambini, quando sono appena, appena, nati non sono affatto carini.
Anzi. Direi piuttosto che sono bruttini. Tendenti alla mostricciattolaggine.
E così, sempre diciott’anni or sono, feci l’esperienza di
quello che forse è stato il mio primo, grosso, senso di colpa. Ovviamente non
avevo il coraggio di dirlo a nessuno ma mi sembrava che questa nuova sorellina,
nata meno di un’ora prima, assomigliasse fortemente a E.T., l’extraterreste. Il
testimonial della Telecom, per intenderci. Ero entusiasta di smettere di essere figlia unica -
beata incoscienza – però, dannazione, io mi aspettavo un neonatino da
pubblicità, non ero preparata a questa specie di “cosa”.
Fortunatamente imparai anche che nel giro di poco la faccia si sistema (anche se non sempre, e non a tutti) e col tempo è diventata la bambina più bella del mondo. E lo dico in modo del
tutto oggettivo. A volte penso che probabilmente nemmeno i miei più che
eventuali figli potranno mai essere altrettanto carini. Questo a meno che non
li faccia con Paul Walker. Perché poi è tutta questione di trovare materiale
genetico acconcio, in fondo.
Ora in effetti potrei parlare di lei. Dire che è la più
grande rompicoglioni che la Terra abbia mai ospitato. Che la gente pensa sempre che la
sorella rompicoglioni sia io, ma no.. Si sbaglia. Potrei dire che è suscettibile e
permalosa. Che a casa mia si può prendere in giro chiunque ma lei sempre con molta moderazione. Che non chiude mai
la bottiglia dell’acqua quando si alza da tavola. Che studia con Mtv di
sottofondo e cellulare e I-pod in bella
mostra sul tavolo e poi si lamenta che "non so niente" prima delle interrogazioni. Che raramente spegne la luce, o la tv o qualsiasi altra
apparecchiatura elettrica o elettronica quando esce da una stanza. E che tutto ciò mi obbliga
a fare la vecchia barbogia con frasi tipo: “Certo che ogni tanto la luce
potresti anche spegnerla, le bollette mica si pagano da sole!”, “Abbassa un po’
il volume!”, “Come fai a studiare sul divano con la tv accesa?!?”, e le
immancabili: “No questo è anche inutile che te lo provi, tanto non ti ci mando
in giro! I tacchi sono troppo alti/il top è troppo scollato/la gonna è troppo
corta”.
Suppongo che se fossi presa bene potrei anche dire che è la
mia migliore amica, che è l’unico essere umano che mi può dare punti in fatto di
musica, l’unica con cui posso
commentare i testi di Taylor Swift, l’unica altra persona che adora Oscar de la
Renta quanto Bucky Kentucky. E poi è buona, è intelligente e si fa benvolere. E
cosa non da poco, quando le sue amiche sono a casa nostra, o in giorni come questi ultimi in cui le sto sentendo più volte al giorno per organizzare “un paio di cose”
per la sua festa di compleanno, mi sento tanto Amy Poehler in versione madre di Regina George. Tuta di
ciniglia rosa a parte.
Che spesso voglio bene alle persone anche in base a
come interagiscono con lei. Oggi, ad esempio, amo letteralmente i miei amici che le hanno
fatto gli auguri, con una menzione speciale all’uomo che se ne è ricordato
perfino ieri sera e mi ha scritto per augurarci una buona “vigilia”. (La proposta di matrimonio è sempre valida. Anche se so che c'è concorrenza. Però vuoi mettere una bionda con una mora?!?) Anni fa
invece vederla offrire la sua brioche, l'ultima alla marmellata, ad un
povero tonto mentre facevamo tutti e tre colazione in bar lo fece salire nelle mie simpatie.
La ritengo perciò personalmente responsabile dei miei errori sentimentali con
il suddetto elemento. (Lei e la mora di cui sopra)
E so che può sembrare brutto da dire, per certi versi, ma se un
giorno dovessi avere una famiglia mia, non credo che potrei mai metterla al
primo posto. Non credo che la mia famiglia potrebbe mai avere la precedenza su
di lei. E se questo un giorno dovesse diventare fonte di litigi o discussioni
con mio marito, beh allora spero tanto che sia molto, molto ricco. Così con l’accordo
prematrimoniale che avrò sapientemente stilato mi porterò via metà del suo
patrimonio e mia sorella ed io passeremo il resto della vita ai Caraibi a spese
sue, in costume, sulla spiaggia, sorseggiando Margaritas e facendoci sventagliare da due giovani ed aitanti
abitanti del luogo.
Insomma potrei dirvi tutte queste cose ma non lo farò. Voglio solo dire che per
quanto abbia ormai diciotto anni, per quanto quest’anno possa diplomarsi e
prendere la patente, per quanti corteggiatori più o meno sani di mente possa
avere (e qua mi sa che ha preso da me, purtroppo), per me, le proporzioni
saranno sempre quelle di quel giorno.
Il primo e unico in cui, per me, le parole Per
sempre abbiano avuto un senso.
Detto questo, vorrei solo
precisare un’ultima cosa. Un dettaglio.
A 18 anni si cresce, è vero. Si diventa maggiorenni. Si può guidare. Si può votare. Le regole cambiano.
A 18 anni si cresce, è vero. Si diventa maggiorenni. Si può guidare. Si può votare. Le regole cambiano.
Ecco. Però... Finché vivrai sotto il mio stesso tetto, coprifuoco alle 20h45.
Niente tatuaggi.
Niente piercing.
Niente droghe.
Alcool sì, però. Ma possibilmente
in mia presenza. E comunque con moderazione e classe. Niente cocktail strani,
niente roba dolciastra. A casa nostra o si beve bene o non si beve.
Niente uomini prima dei quarant..
vabbé, voglio essere moderna, 35 anni. E non si tiene per mano un ragazzo prima di essere sposati.
E poi “devi sempre farmi sapere dove sei.
Specialmente quando indossi le mie scarpe”. Che comunque hanno tutte i tacchi
troppo alti per te che sei piccola.